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VIA CRUCIS

MEDITAZIONI E PREGHIERE DEL CARD. RATZINGER VENERDì SANTO 2005


PRIMA STAZIONE 

GESÙ È CONDANNATO A MORTE 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 22-23.26 

Disse loro Pilato: “Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?”.  Tutti gli risposero: “Sia crocifisso!”. Ed egli aggiunse: “Ma che male  ha fatto?”. Essi allora urlarono: “Sia crocifisso!”.  
Allora rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo  consegnò ai soldati perché fosse crocifisso. 

Meditazione 

Il Giudice del mondo, che un giorno ritornerà a giudicare tutti noi,  sta lì, annientato, disonorato e inerme davanti al giudice terreno.  Pilato non è un mostro di malvagità. Sa che questo condannato  è innocente; cerca il modo di liberarlo. Ma il suo cuore è diviso. E  alla fine fa prevalere sul diritto la sua posizione, se stesso. Anche  gli uomini che urlano e chiedono la morte di Gesù non sono  dei mostri di malvagità. Molti di loro, il giorno di Pentecoste, si  sentiranno “trafiggere il cuore” (At 2, 37), quando Pietro dirà loro:  “Gesù di Nazareth – uomo accreditato da Dio presso di voi – …  voi l’avete inchiodato sulla croce per mano di empi…” (At 2, 22s).  Ma in quel momento subiscono l’influenza della folla. Urlano  perché urlano gli altri e come urlano gli altri. E così, la giustizia  viene calpestata per vigliaccheria, per pusillanimità, per paura  del diktat della mentalità dominante. La sottile voce della  coscienza viene soffocata dalle urla della folla. L’indecisione, il  rispetto umano conferiscono forza al male. 

Preghiera 

Signore, sei stato condannato a morte perché la paura dello  sguardo altrui ha soffocato la voce della coscienza. Accade  sempre così, lungo tutta la storia, che degli innocenti vengano  maltrattati, condannati e uccisi. Quante volte abbiamo, anche  noi, preferito il successo alla verità, la nostra reputazione alla  giustizia. Dona forza, nella nostra vita, alla sottile voce della  coscienza, alla tua voce. Guardami come hai guardato Pietro  dopo il rinnegamento. Fa’ che il tuo sguardo penetri nelle nostre  anime e indichi la direzione alla nostra vita. A coloro che il  Venerdì santo hanno urlato contro di te, il giorno di Pentecoste  hai donato la commozione del cuore e la conversione. E così hai  dato speranza a tutti noi. Dona anche a noi, sempre di nuovo, la  grazia della conversione. 

Pater noster… 

Stabat mater dolorosa, 
iuxta crucem lacrimosa, 
dum pendebat Filius.


SECONDA STAZIONE 

GESÙ È CARICATO DELLA CROCE 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 27-31  

Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio  e gli radunarono attorno tutta la coorte. Spogliatolo, gli misero  addosso un manto scarlatto e, intrecciata una corona di spine,  gliela posero sul capo, con una canna nella destra; poi mentre  gli si inginocchiavano davanti, lo schernivano: “Salve, re dei  Giudei!”. E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo  percuotevano sul capo. Dopo averlo così schernito, lo spogliarono  del mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via  per crocifiggerlo. 

Meditazione 

Gesù, condannato come sedicente re, viene deriso, ma proprio  nella derisione emerge crudelmente la verità. Quante volte le  insegne del potere portate dai potenti di questo mondo sono  un insulto alla verità, alla giustizia e alla dignità dell’uomo!  Quante volte i loro rituali e le loro grandi parole, in verità, non  sono altro che pompose menzogne, una caricatura del compito  a cui sono tenuti per il loro ufficio, quello di mettersi a servizio  del bene. Gesù, colui che viene deriso e che porta la corona  della sofferenza, è proprio per questo il vero re. Il suo scettro  è giustizia (cfr. Sal 45, 7). Il prezzo della giustizia è sofferenza in  questo mondo: lui, il vero re, non regna tramite la violenza, ma  tramite l’amore che soffre per noi e con noi. Egli porta la croce  su di sé, la nostra croce, il peso dell’essere uomini, il peso del  mondo. È così che egli ci precede e ci mostra come trovare la  via per la vita vera. 

Preghiera 

Signore, ti sei lasciato deridere e oltraggiare. Aiutaci a non unirci a coloro che deridono chi soffre e chi è debole. Aiutaci  a riconoscere in coloro che sono umiliati ed emarginati il tuo  volto. Aiutaci a non scoraggiarci davanti alle beffe del mondo  quando l’obbedienza alla tua volontà viene messa in ridicolo.  Tu hai portato la croce e ci hai invitato a seguirti su questa via  (Mt 10, 38). Aiutaci ad accettare la croce, a non sfuggirla, a non  lamentarci e a non lasciare che i nostri cuori si abbattano di  fronte alle fatiche della vita. Aiutaci a percorrere la via dell’amore  e, obbedendo alle sue esigenze, a raggiungere la vera gioia. 

Pater noster 

Cuius animam gementem, 
contristatam et dolentem 
pertransivit gladius. 


TERZA STAZIONE 

GESÙ CADE LA PRIMA VOLTA 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal libro del profeta Isaia. 53, 4-6  

Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato  i nostri dolori e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e  umiliato. Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le  nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;  per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti  come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore  fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.  

Meditazione 

L’uomo è caduto e cade sempre di nuovo: quante volte egli  diventa la caricatura di se stesso, non più immagine di Dio, ma qualcosa che mette in ridicolo il Creatore. Colui che, scendendo  da Gerusalemme a Gerico, incappò nei briganti che lo spogliarono  lasciandolo mezzo morto, sanguinante al bordo della strada,  non è forse l’immagine per eccellenza dell’uomo? La caduta di  Gesù sotto la croce non è soltanto la caduta dell’uomo Gesù già  sfinito dalla flagellazione. Qui emerge qualcosa di più profondo,  come Paolo dice nella lettera ai Filippesi: “Pur essendo di natura  divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con  Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo  e divenendo simile agli uomini… umiliò se stesso facendosi  obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 6-8).  Nella caduta di Gesù sotto il peso della croce appare l’intero  suo percorso: il suo volontario abbassamento per sollevarci  dal nostro orgoglio. E nello stesso tempo emerge la natura del  nostro orgoglio: la superbia con cui vogliamo emanciparci da  Dio non essendo nient’altro che noi stessi, con cui crediamo di  non aver bisogno dell’amore eterno, ma vogliamo dar forma  alla nostra vita da soli. In questa ribellione contro la verità, in  questo tentativo di essere noi stessi dio, di essere creatori e  giudici di noi stessi, precipitiamo e finiamo per autodistruggerci.  L’abbassamento di Gesù è il superamento della nostra superbia:  con il suo abbassamento ci fa rialzare. Lasciamo che ci rialzi.  Spogliamoci della nostra autosufficienza, della nostra errata  smania di autonomia e impariamo invece da lui, da colui che si  è abbassato, a trovare la nostra vera grandezza, abbassandoci e  volgendoci a Dio e ai fratelli calpestati.  

Preghiera 

Signore Gesù, il peso della croce ti ha fatto cadere per terra. Il  peso del nostro peccato, il peso della nostra superbia ti atterra.  Ma la tua caduta non è segno di un destino avverso, non è la  pura e semplice debolezza di chi è calpestato. Sei voluto venire  incontro a noi che, per la nostra superbia, giacciamo per terra.  La superbia di pensare che siamo in grado di produrre l’uomo  ha fatto sì che gli uomini siano diventati una sorta di merce, che  vengano comprati e venduti, che siano come un serbatoio di  materiale per i nostri esperimenti, con i quali speriamo di superare da noi stessi la morte, mentre, in verità, non facciamo altro  che umiliare sempre più profondamente la dignità dell’uomo.  Signore, aiutaci perché siamo caduti. Aiutaci ad abbandonare  la nostra superbia distruttiva e, imparando dalla tua umiltà, a  essere rialzati di nuovo. 

Pater noster… 

O quam tristis et afflicta 
fuit illa benedica 
mater Unigeniti! 


QUARTA STAZIONE 

GESÙ INCONTRA SUA MADRE 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal Vangelo secondo Luca. 2, 34-35.51 

Simeone parlò a Maria, sua Madre: “Egli è qui per la rovina e la  risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché  siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada  trafiggerà l’anima”. 

Sua Madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. 

Meditazione 

Sulla Via crucis di Gesù c’è anche Maria, sua Madre. Durante  la sua vita pubblica dovette farsi da parte, per lasciare spazio  alla nascita della nuova famiglia di Gesù, la famiglia dei suoi  discepoli. Dovette anche sentire queste parole: “Chi è mia madre  e chi sono i miei fratelli?… Chiunque fa la volontà del Padre mio  che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,  48-50). Adesso si vede che ella, non soltanto nel corpo, ma nel  cuore, è la Madre di Gesù. Ancora prima di averlo concepito nel corpo, grazie alla sua obbedienza, lo aveva concepito nel cuore.  Le fu detto: “Ecco concepirai un figlio… Sarà grande… il Signore  Dio gli darà il trono di Davide suo padre” (Lc 1, 31s). Ma poco  dopo aveva sentito dalla bocca del vecchio Simeone un’altra  parola: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Lc 2, 35).  Così si sarà ricordata delle parole pronunciate dai profeti, parole  come queste: “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua  bocca; era come agnello condotto al macello” (Is 53, 7). Ora tutto  questo diventa realtà. Nel suo cuore avrà sempre custodito  la parola che l’angelo le aveva detto quando tutto cominciò:  “Non temere, Maria” (Lc 1, 30). I discepoli sono fuggiti, ella non  fugge. Ella sta lì, con il coraggio della madre, con la fedeltà  della madre, con la bontà della madre, e con la sua fede, che  resiste nell’oscurità: “E beata colei che ha creduto” (Lc 1, 45). “Ma  il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc  18, 8). Sì, in questo momento egli lo sa: troverà la fede. Questa,  in quell’ora, è la sua grande consolazione. 

Preghiera 

Santa Maria, Madre del Signore, sei rimasta fedele quando i  discepoli sono fuggiti. Come hai creduto quando l’angelo ti  annunciò ciò che era incredibile – che saresti divenuta madre  dell’Altissimo – così hai creduto nell’ora della sua più grande  umiliazione. È così che, nell’ora della croce, nell’ora della notte  più buia del mondo, sei diventata Madre dei credenti, Madre  della Chiesa. Ti preghiamo: insegnaci a credere e aiutaci affinché  la fede diventi coraggio di servire e gesto di un amore che  soccorre e sa condividere la sofferenza. 

Pater noster 

Quæ mærebat et dolebat 
pia mater, cum videbat 
Nati pœnas incliti.


QUINTA STAZIONE 

GESÙ È AIUTATO DAL CIRENEO A PORTARE LA CROCE 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 32; 16, 24 

Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Sim one, e lo costrinsero a prender su la croce di Gesù. Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me  rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 

Meditazione 

Simone di Cirene torna dal lavoro, è sulla strada di casa quando  s’imbatte in quel triste corteo di condannati – per lui, forse, uno  spettacolo abituale. I soldati usano del loro diritto di coercizione  e mettono la croce addosso a lui, robusto uomo di campagna.  Quale fastidio deve aver provato nel trovarsi improvvisamente  coinvolto nel destino di quei condannati! Fa quello che deve  fare, certo con molta riluttanza. L’evangelista Marco però, assieme a lui, nomina anche i suoi figli, che evidentemente erano  conosciuti come cristiani, come membri di quella comunità (Mc  15, 21). Dall’incontro involontario è scaturita la fede. Accompag nando Gesù e condividendo il peso della croce, il Cireneo ha  capito che era una grazia poter camminare assieme a questo  Crocifisso e assisterlo. Il mistero di Gesù sofferente e muto gli  ha toccato il cuore. Gesù, il cui amore divino solo poteva e può  redimere l’umanità intera, vuole che condividiamo la sua croce  per completare quello che ancora manca ai suoi patimenti (Col  1, 24). Ogni volta che con bontà ci facciamo incontro a qualcuno  che soffre, qualcuno che è perseguitato e inerme, condividendo  la sua sofferenza, aiutiamo a portare la croce stessa di Gesù. E  così otteniamo salvezza e noi stessi possiamo contribuire alla  salvezza del mondo.

Preghiera 

Signore, a Simone di Cirene hai aperto gli occhi e il cuore, donan dogli, nella condivisione della croce, la grazia della fede. Aiutaci  ad assistere il nostro prossimo che soffre, anche se questa chi amata dovesse essere in contraddizione con i nostri progetti e  le nostre simpatie. Donaci di riconoscere che è una grazia poter  condividere la croce degli altri e sperimentare che così siamo in  cammino con te. Donaci di riconoscere con gioia che proprio nel  condividere la tua sofferenza e le sofferenze di questo mondo  diveniamo servitori della salvezza, e che così possiamo aiutare  a costruire il tuo corpo, la Chiesa. 

Pater noster… 

Quis est homo qui non fleret, 
matrem Christi si videret 
in tanto supplicio? 


SESTA STAZIONE 

LA VERONICA ASCIUGA IL VOLTO DI GESÙ 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal libro del profeta Isaia. 53, 2-3  

Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non  splendore per potercene compiacere. Disprezzato e reietto dagli  uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire,come uno da vanti al quale ci si copre la faccia, era disprezzato e non ne ave vamo alcuna stima.  

Dal libro dei Salmi. 27, 8-9  

Di te ha detto il mio cuore: “Cercate il suo volto”; il tuo volto, Signo re, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi,  Dio della mia salvezza. 

Meditazione 

“Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto” (Sal  27, 8-9). Veronica – Berenice, secondo la tradizione greca – in carna questo anelito che accomuna tutti gli uomini pii dell’An tico Testamento, l’anelito di tutti gli uomini credenti a vedere il  volto di Dio. Sulla Via crucis di Gesù, comunque, ella, all’inizio,  non rende altro che un servizio di bontà femminile: offre un su dario a Gesù. Non si fa né contagiare dalla brutalità dei soldati,  né immobilizzare dalla paura dei discepoli. È l’immagine del la donna buona, che, nel turbamento e nell’oscurità dei cuori,  mantiene il coraggio della bontà, non permette che il suo cuore  si ottenebri. “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5, 8).  All’inizio Veronica vede soltanto un volto maltrattato e segnato  dal dolore. Ma l’atto d’amore imprime nel suo cuore la vera im magine di Gesù: nel Volto umano, pieno di sangue e di ferite,  ella vede il Volto di Dio e della sua bontà, che ci segue anche  nel più profondo dolore. Soltanto con il cuore possiamo vedere  Gesù. Soltanto l’amore ci rende capaci di vedere e ci rende puri.  Soltanto l’amore ci fa riconoscere Dio che è l’amore stesso. 

Preghiera 

Signore, donaci l’inquietudine del cuore che cerca il tuo volto.  Proteggici dall’ottenebramento del cuore che vede solo la su perficie delle cose. Donaci quella schiettezza e purezza che ci  rendono capaci di vedere la tua presenza nel mondo. Quando  non siamo capaci di compiere grandi cose, donaci il coraggio  di un’umile bontà. Imprimi il tuo volto nei nostri cuori, così che  possiamo incontrarti e mostrare al mondo la tua immagine. 

Pater noster… 

Pro peccatis suæ gentis 
vidit Iesum in tormentis 
et flagellis subditum.


SETTIMA STAZIONE 

SETTIMA STAZIONE 

GESÙ CADE PER LA SECONDA VOLTA 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal libro della Lamentazioni. 3, 1-2.9.16 

Io sono l’uomo che ha provato la miseria sotto la sferza della sua  ira. Egli mi ha guidato, mi ha fatto camminare nelle tenebre e non  nella luce. Ha sbarrato le mie vie con blocchi di pietra, ha ostruito  i miei sentieri.  Mi ha spezzato con la sabbia i denti, mi ha steso nella polvere. 

Meditazioni 

La tradizione della triplice caduta di Gesù e del peso della croce  richiama la caduta di Adamo – il nostro essere umani caduti  – e il mistero della partecipazione di Gesù alla nostra caduta.  Nella storia, la caduta dell’uomo assume forme sempre nuove.  Nella sua prima lettera, san Giovanni parla di una triplice caduta  dell’uomo: la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli  occhi e la superbia della vita. È così che egli, sullo sfondo dei vizi  del suo tempo, con tutti i suoi eccessi e perversioni, interpreta  la caduta dell’uomo e dell’umanità. Ma possiamo pensare, nella  storia più recente, anche a come la cristianità, stancatasi della  fede, abbia abbandonato il Signore: le grandi ideologie, come la  banalizzazione dell’uomo che non crede più a nulla e si lascia  semplicemente andare, hanno costruito un nuovo paganesimo,  un paganesimo peggiore, che volendo accantonare  definitivamente Dio, è finito per sbarazzarsi dell’uomo. L’uomo  giace così nella polvere. Il Signore porta questo peso e cade e  cade, per poter venire a noi; egli ci guarda perché in noi il cuore  si risvegli; cade per rialzarci. 

Preghiera 

Signore Gesù Cristo, hai portato il nostro peso e continui a  portarci. È il nostro peso a farti cadere. Ma sii tu a rialzarci, perché da soli non riusciamo ad alzarci dalla polvere. Liberaci dal potere  della concupiscenza. Al posto di un cuore di pietra donaci di  nuovo un cuore di carne, un cuore capace di vedere. Distruggi il  potere delle ideologie, cosicché gli uomini possano riconoscere  che sono intessute di menzogne. Non permettere che il muro  del materialismo diventi insuperabile. Fa’ che ti percepiamo  di nuovo. Rendici sobri e attenti per poter resistere alle forze  del male e aiutaci a riconoscere i bisogni interiori ed esteriori  degli altri, a sostenerli. Rialzaci, così che possiamo rialzare gli  altri. Donaci speranza in mezzo a tutta questa oscurità, perché  possiamo diventare portatori di speranza per il mondo. 

Pater noster… 

Quis non posset contristari, 
Christi matrem contemplari, 
dolentem cum Filio? 


OTTAVA STAZIONE 

GESÙ INCONTRA LE DONNE DI GERUSALEMME  CHE PIANGONO SU DI LUI 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal Vangelo secondo Luca. 23, 28-31 

Gesù, voltandosi verso le donne, disse: “Figlie di Gerusalemme,  non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.  Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi  che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato.  Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli:  Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del  legno secco? ”.

Meditazione 

Sentire Gesù, mentre rimprovera le donne di Gerusalemme  che lo seguono e piangono su di lui, ci fa riflettere. Come  intenderlo? Non è forse un rimprovero rivolto ad una pietà  puramente sentimentale, che non diventa conversione e fede  vissuta? Non serve compiangere a parole, e sentimentalmente,  le sofferenze di questo mondo, mentre la nostra vita continua  come sempre. Per questo il Signore ci avverte del pericolo in  cui noi stessi siamo. Ci mostra la serietà del peccato e la serietà  del giudizio. Non siamo forse, nonostante tutte le nostre parole  di sgomento di fronte al male e alle sofferenze degli innocenti,  troppo inclini a banalizzare il mistero del male? Dell’immagine di  Dio e di Gesù, alla fine, non ammettiamo forse soltanto l’aspetto  dolce e amorevole, mentre abbiamo tranquillamente cancellato  l’aspetto del giudizio? Come potrà Dio fare un dramma della  nostra debolezza? – pensiamo. Siamo pur sempre solo degli  uomini! Ma guardando alle sofferenze del Figlio vediamo tutta  la serietà del peccato, vediamo come debba essere espiato fino  alla fine per poter essere superato. Il male non può continuare a  essere banalizzato di fronte all’immagine del Signore che soffre.  Anche a noi egli dice: Non piangete su di me, piangete su voi  stessi… perché se trattano così il legno verde, che avverrà del  legno secco? 

Preghiera 

Signore, alle donne che piangono hai parlato di penitenza, del  giorno del Giudizio, quando ci troveremo al cospetto del tuo  volto, il volto del Giudice del mondo. Ci chiami a uscire dalla  banalizzazione del male con cui ci tranquillizziamo, così da poter  continuare la nostra vita di sempre. Ci mostri la serietà della nostra  responsabilità, il pericolo di essere trovati, nel Giudizio, colpevoli  e infecondi. Fa’ che non ci limitiamo a camminare accanto a te,  offrendo soltanto parole di compassione. Convertici e donaci  una nuova vita; non permettere che, alla fine, rimaniamo lì come  un legno secco, ma fa’ che diventiamo tralci viventi in te, la vera  vite, e che portiamo frutto per la vita eterna (cfr. Gv 15, 1-10).

Pater noster… 

Tui Nati vulnerati, 
tam dignati pro me pati, 
pœnas mecum divide. 


NONA STAZIONE 

GESÙ CADE PER LA TERZA VOLTA 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal libro delle Lamentazioni. 3, 27-32  

È bene per l’uomo portare il giogo fin dalla giovinezza. Sieda costui  solitario e resti in silenzio, poiché egli glielo ha imposto; cacci  nella polvere la bocca, forse c’è ancora speranza;porga a chi lo  percuote la sua guancia, si sazi di umiliazioni. Poiché il Signore  non rigetta mai. . . Ma, se affligge, avrà anche pietà secondo la sua  grande misericordia. 

Meditazione 

Che cosa può dirci la terza caduta di Gesù sotto il peso della  croce? Forse ci fa pensare alla caduta dell’uomo in generale,  all’allontanamento di molti da Cristo, alla deriva verso un  secolarismo senza Dio. Ma non dobbiamo pensare anche a  quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante  volte si abusa del santo sacramento della sua presenza, in  quale vuoto e cattiveria del cuore spesso egli entra! Quante  volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci  conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata!  Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote!  Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro  che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente  a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco  rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci  aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione. Il tradimento dei discepoli, la ricezione  indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più  grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore.  Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo,  il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci (cfr. Mt 8, 25). 

Preghiera 

Signore, spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta per  affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti. E anche nel  tuo campo di grano vediamo più zizzania che grano. La veste e il  volto così sporchi della tua Chiesa ci sgomentano. Ma siamo noi  stessi a sporcarli! Siamo noi stessi a tradirti ogni volta, dopo tutte  le nostre grandi parole, i nostri grandi gesti. Abbi pietà della tua  Chiesa: anche all’interno di essa, Adamo cade sempre di nuovo.  Con la nostra caduta ti trasciniamo a terra, e Satana se la ride,  perché spera che non riuscirai più a rialzarti da quella caduta;  spera che tu, essendo stato trascinato nella caduta della tua  Chiesa, rimarrai per terra sconfitto. Tu, però, ti rialzerai. Ti sei  rialzato, sei risorto e puoi rialzare anche noi. Salva e santifica la  tua Chiesa. Salva e santifica tutti noi. 

Pater noster… 

Eia mater, fons amoris, 
me sentire vim doloris 
fac, ut tecum lugeam. 


DECIMA STAZIONE 

GESÙ È SPOGLIATO DELLE VESTI 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum. 

Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 33-36  

Giunti a un luogo detto Gòlgota, che significa luogo del cranio, gli diedero da bere vino mescolato con fiele; ma egli, assaggiatolo,  non ne volle bere. Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le  sue vesti tirandole a sorte. E sedutisi, gli facevano la guardia.  

Meditazione 

Gesù viene spogliato delle sue vesti. Il vestito conferisce  all’uomo la sua posizione sociale; gli dà il suo posto nella  società, lo fa essere qualcuno. Essere spogliato in pubblico  significa che Gesù non è più nessuno, non è nient’altro che un  emarginato, disprezzato da tutti. Il momento della spoliazione  ci ricorda anche la cacciata dal paradiso: lo splendore di Dio è  venuto meno nell’uomo, che ora si trova lì, nudo ed esposto,  denudato, e si vergogna. Gesù, in questo modo, assume ancora  una volta la situazione dell’uomo caduto. Il Gesù spogliato ci  ricorda il fatto che tutti noi abbiamo perso la “prima veste”, e  cioè lo splendore di Dio. Sotto la croce i soldati tirano a sorte  per dividersi i suoi miseri averi, le sue vesti. Gli evangelisti lo  raccontano con parole tratte dal Salmo 22, 19 e ci dicono così  quel che Gesù dirà ai discepoli di Emmaus: tutto è accaduto  “secondo le Scritture”. Qui niente è pura coincidenza, tutto quel  che accade è racchiuso nella Parola di Dio e sostenuto dal suo  divino disegno. Il Signore sperimenta tutti gli stadi e i gradi della  perdizione degli uomini, e ognuno di questi gradi è, in tutta la  sua amarezza, un passo della redenzione: è proprio così che  egli riporta a casa la pecorella smarrita. Ricordiamoci anche che  Giovanni dice che l’oggetto del sorteggio era la tunica di Gesù,  “tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo” (Gv 19, 23). Possiamo  considerarlo un accenno alla veste del sommo sacerdote, la  quale era “tessuta da un unico filo”, senza cuciture (Fl J a III 161).  Costui, il Crocifisso, è infatti il vero sommo sacerdote. 

Orazione 

Signore Gesù, sei stato spogliato delle tue vesti, esposto al  disonore, espulso dalla società. Ti sei caricato del disonore di  Adamo, sanandolo. Ti sei caricato delle sofferenze e dei bisogni  dei poveri, coloro che sono espulsi dal mondo. Ma proprio così  compi la parola dei profeti. Proprio così tu dai significato a ciò che appare privo di significato. Proprio così ci fai riconoscere  che tuo Padre tiene nelle sue mani te, noi e il mondo. Donaci un  profondo rispetto dell’uomo in tutte le fasi della sua esistenza e  in tutte le situazioni nelle quali lo incontriamo. Donaci la veste di  luce della tua grazia. 

Pater noster… 

Fac ut ardeat cor meum 
in amando Christum Deum, 
ut sibi complaceam. 


UNDICESIMA STAZIONE 

GESÙ È INCHIODATO SULLA CROCE 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.  

Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 37-42  

Al di sopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua  condanna: “ Questi è Gesù, il re dei Giudei”. Insieme con lui furono  crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra. E quelli che  passavano di là lo insultavano scuotendo il capo e dicendo: “Tu  che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso!  Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!”. Anche i sommi sacerdoti  con gli scribi e gli anziani lo schernivano: “Ha salvato gli altri, non  può salvare se stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli  crederemo”. 

Meditazione 

Gesù è inchiodato sulla croce. La sindone di Torino ci permette di  avere un’idea dell’incredibile crudeltà di questa procedura. Gesù  non beve la bevanda anestetizzante offertagli: coscientemente  prende su di sé tutto il dolore della crocifissione. Tutto il suo corpo è martoriato; le parole del Salmo si sono avverate: “Ma  io sono verme, non uomo, infamia degli uomini, rifiuto del mio  popolo” (Sal 22, 7). “Come uno davanti al quale ci si copre la  faccia, era disprezzato… Eppure egli si è caricato delle nostre  sofferenze, si è addossato i nostri dolori” (Is 53, 3s). Fermiamoci  davanti a questa immagine di dolore, davanti al Figlio di Dio  sofferente. Guardiamo a lui nei momenti della presunzione e del  godimento, in modo da imparare a rispettare i limiti e a vedere  la superficialità di tutti i beni puramente materiali. Guardiamo  a lui nei momenti di calamità ed angustia, per riconoscere  che proprio così siamo vicini a Dio. Cerchiamo di riconoscere  il suo volto in coloro che tenderemmo a disprezzare. Dinanzi  al Signore condannato, che non volle usare il suo potere per  scendere dalla croce, ma piuttosto sopportò la sofferenza  della croce fino alla fine, può affiorare un altro pensiero ancora.  Ignazio di Antiochia, incatenato egli stesso per la sua fede nel  Signore, elogiò i cristiani di Smirne per la loro fede incrollabile:  dice che erano, per così dire, inchiodati con la carne e il sangue  alla croce del Signore Gesù Cristo (1, 1). Lasciamoci inchiodare a  lui, non cedendo a nessuna tentazione di staccarci e di cedere  alle beffe che vorrebbero indurci a farlo. 

Preghiera 

Signore Gesù Cristo, ti sei fatto inchiodare sulla croce, accettando  la terribile crudeltà di questo dolore, la distruzione del tuo corpo  e della tua dignità. Ti sei fatto inchiodare, hai sofferto senza  fughe e senza compromessi. Aiutaci a non fuggire di fronte  a ciò che siamo chiamati ad adempiere. Aiutaci a farci legare  strettamente a te. Aiutaci a smascherare quella falsa libertà  che ci vuole allontanare da te. Aiutaci ad accettare la tua libertà  “legata” e a trovare nello stretto legame con te la vera libertà. 

Pater noster… 

Sancta mater, istud agas, 
Crucifixi fige plagas 
cordi meo valide.


DODICESIMA STAZIONE 

GESÙ MUORE SULLA CROCE 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.  

Dal Vangelo secondo Giovanni. 19, 19-20  

Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi  era scritto: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei”. Molti Giudei lessero  questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino  alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.  

Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 45-50.54 

Da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio si fece buio su tutta la  terra. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: “Elì, Elì, lemà sabactàni?”,  che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.  Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: “Costui chiama Elia”.  E subito uno di loro corse a prendere una spugna e, imbevutala  di aceto, la fissò su una canna e così gli dava da bere. Gli altri  dicevano: “Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!”.E Gesù,  emesso un alto grido, spirò. 

[ci si inginocchia] 

Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù,  sentito il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da  grande timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”. 

Meditazione 

Sopra la croce di Gesù – nelle due lingue del mondo di allora, il  greco e il latino, e nella lingua del popolo eletto, l’ebraico – c’è  scritto chi è: il Re dei Giudei, il Figlio promesso di Davide. Pilato,  il giudice ingiusto, è diventato profeta suo malgrado. Davanti  all’opinione pubblica mondiale viene proclamata la regalità di  Gesù. Gesù stesso non aveva accettato il titolo di Messia, in  quanto avrebbe richiamato un’idea sbagliata, umana, di potere e  di salvezza. Ma adesso il titolo può stare scritto lì pubblicamente  sopra il Crocifisso. Egli così è davvero il re del mondo. Adesso è davvero “innalzato”. Nella sua discesa egli è salito. Ora ha  radicalmente adempiuto al mandato dell’amore, ha compiuto  l’offerta di se stesso, e proprio così egli ora è la manifestazione  del vero Dio, di quel Dio che è l’amore. Ora sappiamo chi è  Dio. Ora sappiamo com’è la vera regalità. Gesù prega il Salmo  22, che comincia con le parole: “Dio mio, Dio mio, perché  mi hai abbandonato?” (Sal 22, 2). Assume in sé l’intero Israele  sofferente, l’intera umanità sofferente, il dramma dell’oscurità di  Dio, e fa sì che Dio si manifesti proprio laddove sembra essere  definitivamente sconfitto e assente. La croce di Gesù è un  avvenimento cosmico. Il mondo si oscura, quando il Figlio di Dio  subisce la morte. La terra trema. E presso la croce ha inizio la  Chiesa dei pagani. Il centurione romano riconosce, capisce che  Gesù è il Figlio di Dio. Dalla croce egli trionfa, sempre di nuovo. 

Preghiera 

Signore Gesù Cristo, nell’ora della tua morte il sole si oscurò.  Sempre di nuovo sei inchiodato sulla croce. Proprio in quest’ora  della storia viviamo nell’oscurità di Dio. Per la smisurata  sofferenza e la cattiveria degli uomini il volto di Dio, il tuo volto,  appare oscurato, irriconoscibile. Ma proprio sulla croce ti sei  fatto riconoscere. Proprio in quanto sei colui che soffre e che  ama, sei colui che è innalzato. Proprio da lì hai trionfato. Aiutaci a  riconoscere, in quest’ora di oscurità e di turbamento, il tuo volto.  Aiutaci a credere in te e a seguirti proprio nell’ora dell’oscurità e  del bisogno. Mostrati di nuovo al mondo in quest’ora. Fa’ che la  tua salvezza si manifesti. 

Pater noster 

Fac me vere tecum flere, 
Crucifixo condolore, 
donec ego vixero.


TREDICESIMA STAZIONE 

GESÙ È DEPOSTO DALLA CROCE  

E CONSEGNATO ALLA MADRE 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.  

Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 54-55  

Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, sentito  il terremoto e visto quel che succedeva, furono presi da grande  timore e dicevano: “Davvero costui era Figlio di Dio!”. C’erano  anche là molte donne che stavano a osservare da lontano; esse  avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. 

Meditazione 

Gesù è morto, il suo cuore viene trafitto dalla lancia del soldato  romano e ne escono sangue e acqua: misteriosa immagine del  fiume dei sacramenti, del Battesimo e dell’Eucaristia, dai quali,  in forza del cuore trafitto del Signore, rinasce, sempre di nuovo,  la Chiesa. A lui non vengono spezzate le gambe, come agli  altri due crocifissi; così egli si manifesta come il vero agnello  pasquale, al quale nessun osso deve essere spezzato (cfr. Es  12, 46). E ora che tutto è stato sopportato, si vede che egli,  nonostante tutto il turbamento dei cuori, nonostante il potere  dell’odio e della vigliaccheria, non è rimasto solo. I fedeli ci sono.  Sotto la croce c’erano Maria, sua Madre, la sorella di sua Madre,  Maria, Maria di Màgdala e il discepolo che egli amava. Ora arriva  anche un uomo ricco, Giuseppe d’Arimatèa: il ricco trova come  passare per la cruna di un ago, perché Dio gliene dona la grazia.  Seppellisce Gesù nella sua tomba ancora intatta, in un giardino:  dove viene sepolto Gesù il cimitero si trasforma in giardino,  nel giardino dal quale era stato cacciato Adamo quando si era  staccato dalla pienezza della vita, dal suo Creatore. Il sepolcro  nel giardino ci fa sapere che il dominio della morte sta per finire.  E arriva anche un membro del sinedrio, Nicodèmo, al quale Gesù  aveva annunciato il mistero della rinascita da acqua e da Spirito.  Anche nel sinedrio, che aveva deciso la sua morte, c’è qualcuno che crede, che conosce e riconosce Gesù dopo che è morto.  Sopra l’ora del grande lutto, del grande ottenebramento e della  disperazione, sta misteriosamente la luce della speranza. Il Dio  nascosto rimane comunque il Dio vivente e vicino. Il Signore  morto rimane comunque il Signore e nostro Salvatore, anche  nella notte della morte. La Chiesa di Gesù Cristo, la sua nuova  famiglia, comincia a formarsi. 

Orazione 

Signore, sei disceso nell’oscurità della morte. Ma il tuo corpo  viene raccolto da mani buone e avvolto in un candido lenzuolo  (Mt 27, 59). La fede non è morta del tutto, il sole non è del  tutto tramontato. Quante volte sembra che tu stia dormendo.  Com’è facile che noi uomini ci allontaniamo e diciamo a noi  stessi: Dio è morto. Fa’ che nell’ora dell’oscurità riconosciamo  che tu comunque sei lì. Non lasciarci da soli quando tendiamo  a perderci d’animo. Aiutaci a non lasciarti da solo. Donaci una  fedeltà che resista nello smarrimento e un amore che ti accolga  nel momento più estremo del tuo bisogno, come la Madre tua,  che ti avvolse di nuovo nel suo grembo. Aiutaci, aiuta i poveri e i  ricchi, i semplici e i dotti, a vedere attraverso le loro paure e i loro  pregiudizi, e a offrirti la nostra capacità, il nostro cuore, il nostro  tempo, preparando così il giardino nel quale può avvenire la  risurrezione. 

Pater noster… 

Vidit suum dulcem Natum 
morientem, desolatum, 
cum emisit spiritum.


QUATTORDICESIMA STAZIONE 

GESÙ È DEPOSTO NEL SEPOLCRO 

Adoramus te, Christe, et benedicimus tibi. 

Quia per sanctam crucem tuam redemisti mundum.  

Dal Vangelo secondo Matteo. 27, 59-61  

Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido  lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta  scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta  del sepolcro, se ne andò. Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di  Màgdala e l’altra Maria. 

Meditazione 

Gesù, disonorato e oltraggiato, viene deposto, con tutti gli onori,  in un sepolcro nuovo. Nicodèmo porta una mistura di mirra e di  aloe di cento libbre destinata a emanare un prezioso profumo.  Ora, nell’offerta del Figlio, si rivela, come già nell’unzione di  Betània, una smisuratezza che ci ricorda l’amore generoso di  Dio, la “sovrabbondanza” del suo amore. Dio fa generosamente  offerta di se stesso. Se la misura di Dio è la sovrabbondanza,  anche per noi niente dovrebbe essere troppo per Dio. È quel che  Gesù stesso ci ha insegnato nel discorso della montagna (Mt 5,  20). Ma bisogna ricordare anche le parole di san Paolo su Dio, che  “diffonde per mezzo nostro il profumo della conoscenza di Cristo  nel mondo intero. Noi siamo infatti… il profumo di Cristo” (2 Cor 2,  14s). Nella putrefazione delle ideologie, la nostra fede dovrebbe  essere di nuovo il profumo che riporta sulle tracce della vita. Nel  momento della deposizione comincia a realizzarsi la parola di  Gesù: “In verità, in verità, vi dico: se il chicco di grano caduto in  terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto  frutto” (Gv 12, 24). Gesù è il chicco di grano che muore. Dal chicco  di grano morto comincia la grande moltiplicazione del pane che  dura fino alla fine del mondo: egli è il pane di vita capace di  sfamare in misura sovrabbondante l’umanità intera e di donarle  il nutrimento vitale: il Verbo eterno di Dio, che è diventato carne e anche pane, per noi, attraverso la croce e la risurrezione. Sopra  la sepoltura di Gesù risplende il mistero dell’Eucaristia. 

Preghiera 

Signore Gesù Cristo, nella deposizione hai fatto tua la morte  del chicco di grano, sei diventato il chicco di grano morto che  produce frutto lungo il corso dei tempi, fino all’eternità. Dal  sepolcro risplende in ogni tempo la promessa del chicco di  grano, dal quale viene la vera manna, il pane di vita nel quale tu  offri te stesso a noi. La Parola eterna, attraverso l’incarnazione e  la morte, è diventata la Parola vicina: ti metti nelle nostre mani  e nei nostri cuori affinché la tua Parola cresca in noi e produca  frutto. Tu doni te stesso attraverso la morte del chicco di grano,  affinché anche noi abbiamo il coraggio di perdere la nostra  vita per trovarla; affinché anche noi ci fidiamo della promessa  del chicco di grano. Aiutaci ad amare sempre più il tuo mistero  eucaristico e a venerarlo – a vivere veramente di te, Pane del  cielo. Aiutaci a diventare il tuo “profumo”, a rendere percepibili le  tracce della tua vita, in questo mondo. Come il chicco di grano  si rialza dalla terra come stelo e spiga, così anche tu non potevi  rimanere nel sepolcro: il sepolcro è vuoto perché lui – il Padre –  non ti “abbandonò negli inferi, né la tua carne vide corruzione”  (At 2, 31, Sal 16, 10 LXX). No, tu non hai visto la corruzione. Sei  risorto e hai dato spazio alla carne trasformata nel cuore di Dio.  Fa’ che possiamo rallegrarci di questa speranza e possiamo  portarla gioiosamente nel mondo, fa’ che diventiamo testimoni  della tua risurrezione. 

Pater noster 

Quando corpus morietur, 
fac ut animæ donetur 
paradisi gloria. Amen.


BENEDIZIONE CONCLUSIVA 

SE PRESENTE IL SACERDOTE 

Dominus vobiscum. 

Et cum spiritu tuo. 

Sit nomen Domini benedictum. 

Ex hoc nunc et usque in sæculum. 

Adiutorium nostrum in nomine Domini. 

Qui fecit cælum et terram. 

Benedicat vos omnipotens Deus, 

Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. 

Amen. 

IN ASSENZA DEL SACERDOTE 

Il Signore ci benedica, ci preservi da ogni male e ci conduca alla  vita eterna 

Amen

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